lunedì 29 ottobre 2012

Lo stress da super lavoro deve essere risarcito


Il danno per lo stress da super lavoro va riconosciuto al lavoratore anche se non lo ha mai rivendicato nel corso del rapporto di lavoro e anche se, successivamente, viene espulso dall'ufficio. Il via libera arriva dalla Cassazione (sezione Lavoro, sentenza 18211) che spiega come, «in base al principio della `ragionevolezza´ l'orario di lavoro deve rispettare i limiti della tutela del diritto alla salute». In questo modo, la Suprema Corte ha convalidato un risarcimento del danno biologico pari a 25 mila euro nei confronti di un ex portiere di notte che aveva lavorato presso una società nella capitale, dal settembre 1974 al marzo 1997, riportando una sindrome nevrotico ansiosa da stress lavorativo. 

Come ricostruisce la sentenza redatta da Umberto Berrino, il portiere, che per tanti anni aveva garantito l'assistenza ai clienti, curandosi anche della cura dei valori in cassaforte, aveva accusato uno stress da super lavoro (l'orario di lavoro andava dalle 21 alle 9 del mattino successivo). Da qui la sua richiesta di essere spostato ad un turno diurno. La società lo aveva invece licenziato, sostenendo che esistevano altri due portieri per il turno di giorno. Davanti al giudice del Lavoro era stata stabilita la legittimità del licenziamento ma la società era stata condannata a risarcire l'ex portiere con 25 mila euro per la sindrome ansioso-depressiva. La Corte d'appello di Roma, nel marzo 2008, aveva inoltre riconosciuto al lavoratore una ulteriore somma di 1292 euro a titolo di differenze retributive.

Contro la condanna al risarcimento dello stress al lavoratore, la società ha fatto ricorso in Cassazione, facendo presente che la prestazione di un portiere non poteva essere considerata usurante date le «pause di inattività» legate a quel genere di prestazione. Piazza Cavour ha bocciato il ricorso e ha osservato che «il principio di `ragionevolezza´ in base al quale l'orario di lavoro deve rispettare i limiti della tutela del diritto alla salute, si applica anche alle mansioni discontinue o di semplice attesa» 

Del resto, annota ancora la Suprema Corte, «il criterio distintivo tra riposo intermedio, non computabile ai fini della determinazione della durata del lavoro, e la semplice temporanea inattività, computabile, invece a tali fini, e che trova applicazione anche nel lavoro discontinuo, consiste nella diversa condizione in cui si trova il lavoratore, il quale nel primo caso può disporre liberamente di se stesso per un certo periodo di tempo anche se è costretto a rimanere nella sede del lavoro o a subire qualche limitazione, mentre, nel secondo, pur restando inoperoso, è obbligato a tenere costantemente la propria forza di lavoro per ogni necessità». 

Nel caso in questione, la Cassazione ha fatto notare che «legittimamente la Corte d'appello ha osservato che la società aveva imposto al lavoratore ritmi lavorativi gravosi come tali incidenti sull'equilibrio psico-fisico del medesimo». Del tutto legittimamente, dunque, il super lavoro è stato ritenuto «concausa della sindrome nevrotica ansiosa» del lavoratore. 

(Fonte: Adnkronos) 

mercoledì 3 ottobre 2012

LICENZIAMENTO Congedo parentale, legittimo il licenziamento: se manca la comunicazione al datore

Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 2 ottobre 2012 n. 16746


Licenziamento legittimo per la lavoratrice madre in astensione facoltativa che non invii la richiesta di congedo all’Inps e per conoscenza al datore. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 16746/2012 respingendo il ricorso della donna lavoratrice. Per i giudici “la lavoratrice che intende esercitare la facoltà di assentarsi dal lavoro per il periodo di astensione facoltativa ha l’onere di darne preventiva comunicazione al datore di lavoro e all’istituto di assicuratore ove quest’ultimo sia tenuto a corrispondere la relativa indennità, precisando il periodo dell’assenza, che è frazionabile”. Anche il Dlgs 151/2001, Tu maternità, stabilisce che per il congedo parentale “il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il datore secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici giorni”.
Comunicazione mai avvenuta da parte della lavoratrice la quale non ha neppure allegato condizioni particolari legate al puerperio che abbiano avuto una incidenza causale o concausale per il suddetto comportamento omissivo.

giovedì 5 aprile 2012

L'UNAL PROCLAMA LO SCIOPERO AZIENDALE DEI LAVORATORI DELLA WORKING s.r.l. di Avellino

Si proclamano  due giornate di sciopero aziendale dalle ore 06,00 del 06/04/2012 alle ore 01,00 del 08/04/2012.

Si proclama inoltre due giornate di sciopero aziendale dalle ore 06,00 del 10/04/2012 alle ore 01,00 del 12/04/2012.
Lo sciopero viene proclamato a causa del mancato pagamento delle retribuzioni del mese di dicembre 2011 e per la mancata convocazione della scrivente O.S. da parte della società, come da richiesta ad essa inviata in data 15/02/2012.
La Segreteria Nazionale UNAL

martedì 3 aprile 2012

La società di servizi "WORKING" di Avellino non ha ancora retribuito gli stipendi di dicembre

Ai propri dipendenti, ed a tale proposito la Segreteria Nazionale dell'UNAL ha inoltrato un esposto all'Ispettorato del Lavoro, chiedendo l'urgente convocazione della società inadempiente.
I lavoratori iscritti all'UNAL si riuniranno in assemblea per decidere le forme di lotta da adottare.

giovedì 26 gennaio 2012

ntervista a una cassiera in un supermercato: ” E’ un lavoro precario e usurante”

Davide Pelanda- 25 gennaio 2012- L’antropologo Marc Augè li chiama “non-luoghi”, «spazi che non sono per se stessi antropologici». I “non–luoghi”, tra cui i centri commerciali, sono spazi in cui innumerevoli individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti dal desiderio frenetico di acquistare, consumare…
Noi non ce ne accorgiamo. Ma fare ad esempio la cassiera è sicuramente un lavoro logorante, snervante, molto spesso avvilente. Oggi come oggi, poi, si fa presto a mandarle a casa: basta mettere le casse elettroniche cosiddette intelligenti, che certo velocizzano il lavoro.
Le cassiere spesso sono donne sempre sorridenti con tutti, gentili anche con i clienti più maleducati. Nella maggior parte dei casi  sono addette  molto professionali con cui poter scambiare due chiacchiere tra una postazione e l’altra. E potersi permettere di chiedere di tutto, perché vale sempre la massima del “cliente ha sempre ragione”.
Ma l’onore di queste persone non è fatto solo di quello che vediamo. Sentiamo cosa dice Beatrice (il nome è di fantasia per tutelarla sul posto di lavoro), cassiera in un Ipercoop da poco più di dodici anni in provincia di Torino.
Beatrice quanto percepite come stipendi base netti?
«Intorno ai 600 euro netti per il part-time, con gli straordinari si arriva anche a 800-900 euro. Il ricatto è: “più sei brava e dici sempre di sì più io ti consento di fare un numero maggiore  di straordinari”. Ci sono persone che arrivano sfinite al fine settimana, mentre altre fanno pochissime di ore in più. Dipende anche da altre variabili: se hai famiglia, se sei una studentessa che non deve accudire i figli»
Come sono i tuoi orari?
«Purtroppo questo è il lato peggiore del lavoro, soprattutto in cassa. Qui tutti i giorni si ha un orario diverso. Nei reparti invece ci sono orari più umani»
Tutti i giorni si cambia?
«Sì, Per esempio lunedì vai dalle 9.15 alle 13.15, il martedì dalle 14.30 alle 18.30 mercoledì riposo, giovedì fai il doppio turno»
E non puoi programmarti la vita…
«Non puoi programmarti nulla, sono orari che vengono dati di settimana in settimana. Ogni giorno è  diverso. Poi in cassa c’è anche il quarto d’ora di riposo. Il lavoro difficile dei capireparto delle casse è fare gli orari. La pausa più o meno è a metà del turno, ma a volte si va avanti senza farla, altre  volte si fanno solo  dieci minuti prima di chiudere, a seconda delle necessità. Se c’è tanta gente, come intorno  alle 10.30-11, la  pausa  slitta. Noi della cassa centrale siamo in cinque e ruotiamo su cinque turni, mentre in cassa 50-60 persone ruotano su 15-20 turni. Invece chi si trova a caricare gli scaffali nei reparti bene o male si gestisce il tempo come vuole»
Invece secondo te è peggio  lavorare tutte le domeniche o le consuete feste tipo Natale, Pasqua  il 25 aprile?
«Sì, è terribile. Ovviamente si sfruttano le persone che hanno  contratti recenti in cui sono inserite tutte le domeniche e le festività. Noi invece essendo state le prime ad essere assunte non abbiamo quest’obbligo. Ovviamente però a chi viene proposto un aumento d’orario, come una mia collega con contratto temporaneo rinnovato due volte a trenta ore, gli vengono messe dentro anche le domeniche. Altri con contratto a scadenza e senza obbligo di fare le domeniche, le fanno ugualmente perché hanno paura di non essere più richiamati»
È sindacalmente valido mettere nel contratto tutte le domeniche e le festività? Non si devono contrattarle con gli enti pubblici come Comune, Provincia e Regione?
«Sì, certo. Ma è l’amministrazione comunale che decide l’apertura del supermercato e degli altri negozianti. La grande distribuzione da noi sta aperta sempre, tutte le realtà commerciali,  non c’è mai un supermercato chiuso e l’altro aperto. Il Comune decide in base alle sue feste popolari e di paese: di conseguenza i negozianti e i supermercati come quello dove lavoro io rimangono sempre aperti».
Ma il cliente di questa situazione non dice nulla? Non sta dalla vostra parte?
«Dipende. C’è il cliente illuminato che dice “Poverine, anche voi avete famiglia” immedesimandosi nel nostro disagio. C’è invece quello a cui non importa nulla e dice anzi “meglio, perché altrimenti mi sarebbe toccato andare da un’altra parte visto che lavoro tutta la settimana”».
Com’è il rapporto con il cliente?
«Alla cassa il lato positivo è proprio che il contatto con il cliente si risolve in fretta nei suoi problemi.
Capita invece che il cliente sia stressato e che riversi tutta la sua frustrazione su di noi con questioni del tipo “come insacchetta male!” oppure “non mi ha ridato la carta di credito!”. E ci sono anche a volte alcune cassiere che si mettono a piangere richiedendo l’aiuto della guardia perché vengono maltrattate. Oppure accorre la cassiera centrale o il caporeparto per darci un supporto, per gestire al meglio la questione visto che in coda c’è ancora sicuramente tanta gente ad aspettare il proprio turno»
E dal punto di vista igienico-sanitario come la mettiamo?
«Respiriamo tutta aria malsana, finta; ci si ammala sempre quando sei li dentro in turno. Io ho perennemente il raffreddore, mal di gola … pensiamo che dopo un po’ ci si immunizza e non si prende più nulla. Purtroppo, invece non succede così!»
Non avete una sorta di indennità di malattia?
«No, dovrebbe esserci ma non c’è. Come dovrebbe esserci a mio parere l’indennità sulla responsabilità dei soldi delle casse che non abbiamo»
Sono visti bene i sindacalisti all’interno dell’ipermercato dove lavori?
«No. Dai capi, ed a volte dai colleghi, sono trattati male»
Sì può fare sciopero all’interno della vostra struttura? Si possono fare proteste e manifestazioni?
«In teoria si potrebbe, in pratica no. In un’altra sede, sempre in Provincia di Torino, si sono fatte grandissime battaglie con i sindacati. I primi tempi che eravamo assunti, il capo del personale aveva portato un certo numero di cassiere dalla nostra sede in quella, dove tutti facevano sciopero, per rimpiazzarle perché non c’era nessuno che volesse lavorare di domenica. Invece da noi non si fa sciopero, non c’è nessuno che va alle assemblee, siamo sempre pochissimi. Tutti hanno paura. Anche perché c’è la speranza di poter passare a più ore… ovviamente se ti comporti bene, chissà… magari tra dieci anni ci saranno due ore in più di lavoro!»